SINISTRA CRITICA IN ASSEMBLEA
MERCOLEDI' 30 gennaio ORE 21
SEDE SOCIAL FORUM VIA GARETTI 44
Una pausa dopo la riunione di presentazione dell'associazione, per raccogliere le idee e soprattutto per lasciare spazio ai dubbi, forse ci voleva.
I pochi compagni/e che tirano la carretta hanno raccolto qualche commento e giudicano necessaria una seconda riunione di tutti coloro che hanno appreso dell'esistenza dell'Associazione con qualche interesse.
Nel testo allegato c'è una ripresa del discorso intanto però si tratta di consolidare l'Associazione dal punto di vista organizzativo e di muovere qualche iniziativa che la qualifichi.
Allora....
Il tesseramento, qualcuno si è già iscritto, è necessario che lo facciano altri perchè l'autofinanziamento, che consideriamo la raccolta di soldi più coerente con lo spirito della cosa, è indispensabile, come sarà indispensabile il versamento di quote mensili;
La sede c'è già ed è quella del Social Forum in via Garetti 24
La comunicazione, c'è già un blog SINISTRA CRITICA ASTI tanto per cominciare; se le cose andranno nel modo migliore potranno esserci un sito web vero e proprio e un foglio in .pdf.
L'iniziativa, potrebbe essere una di quelle già annunciate, per esempio una rilettura di Gramsci sul ruolo degli intellettuali come formatori (si può dire ?) di una egemonia. Ci sono, dove sono, con quali mezzi, quelli che dovrebbero contrastare l'attuale egemonia neoliberista (il pensiero unico). Oppure affrontare gli attualissimi problemi del lavoro e della laicità.
PS. chi riceve questo messaggio può girarlo ad altri possibili interlocutori.
AZIONE RESISTENTE
(Testo allegato)
TEMI DI DISCUSSIONE
Prima domanda, si vuole fare l'ennesimo partito ? No, si vuole partecipare e rafforzare tutto ciò che può essere elencato sotto il titolo “azioni di resistenza al neoliberismo”. Questa non è una scelta “movimentista” (termine che rimanda ad uno scenario sociale che non è più quello), è la scelta di chi tenta di trarre le conseguenze della crisi generale della sinistra, e dunque della crisi della politica come l'abbiamo conosciuta nel 900. Restano ovviamente intatte le ragioni di una scelta più personale, di un modo più personale di resistere (ma questo è un altro discorso).
Su questa crisi dobbiamo però intenderci, perché tutti ne parlano ed ognuno indica una diversa via d'uscita. Ovviamente molto dipende dall'analisi che se ne fa. Per quanto ci riguarda i partiti di sinistra stanno dalla parte del problema, compresa la cosa rossoarcobaleno (oppure no ?).
Quali sono dunque gli aspetti principali di questa crisi ?
In primo luogo la dispersione del soggetto sociale che della politica novecentesca è stato il protagonista, il movimento operaio.
Dispersione nel senso che al posto di quel soggetto, e della coscienza che aveva di sé, c'è qualcos'altro. Attorno al processo di valorizzazione del capitale, che si è fatto ormai onnicomprensivo delle attività umane, appare un riposizionamento di vecchie figure e il posizionamento di nuove, tutte o quasi tutte però in competizione tra loro. E' l'incarnazione di una visione individualistica e mercantile del mondo; quella dominante. Ovviamente c'è chi sta sopra, (le classi agiate) in un ruolo di protagonista, e chi sta sotto come comprimario o subalterno (il moderno proletariato).
Questo aspetto della crisi è quello che richiede il maggior approfondimento perché nel nostro disegno è con quelli che “stanno sotto” che immaginiamo di riprendere un cammino di liberazione. Ma in questo momento l'annuncio di un nuovo mondo, fatto da volenterosi “agitatori sociali”, o qualunque richiamo politico/morale ad una società più giusta, risulta troppo astratto e troppo lontano dai bisogni, dalle aspettative, dalle compatibilità della vita vissuta, dalle visioni del mondo , di coloro che subiscono gli effetti più regressivi di questo sistema sociale. Questo vale in occidente, escluse alcune minoranze radicalmente critiche più per percorso mentale che per esperienza, ma c'è poco da fidarsi.
Altro elemento principale, certamente in rapporto al primo ma non di causa ed effetto, di questa crisi è l'omologazione del grosso del ceto politico di sinistra in un ruolo di controllo/prevenzione del possibile conflitto sociale. Ne abbiamo avuto un esempio chiarissimo con la partecipazione del PRC al governo Prodi. Deposta ogni velleità di condizionare “a sinistra” il governo, ripiegando su una politica “del minor danno” (ma potremmo anche definirla una politica del nulla o delle dannose astrazioni), i parlamentari della “sinistra radicale” hanno dovuto prender atto degli impegni presi con i poteri forti interni e internazionali (Usa, Nato, Israele) e della volontà di non tornare indietro sulla precarietà del lavoro, il sistema pensionistico, le grandi opere, la spesa militare (e il suo indirizzo), la base di Vicenza, il G8 (anche Genova 2001). Insomma hanno dovuto prendere atto di un legame non negoziabile con gli Stati uniti, la struttura imperialistica della Nato, i poteri forti, in una politica di chiaro stampo conservatore. Questa politica non è d'occasione è una tendenza ormai ben strutturata nell'intera società e, da un punto di vista più politico, deve essere letta come l'esito di una sconfitta storica e dunque di una perdita di egemonia. Diversamente è come se tutto fosse ineluttabile.
Scegliere le “azioni di resistenza al neoliberismo” e condurle senza preoccupazioni elettoralistiche o di “rappresentanza” significa tentare di coprire la distanza tra l'annuncio di un nuovo mondo e la realtà, ricomporre il soggetto sociale perduto, creare le condizioni affinché la necessità di superare questo sistema sociale non appaia solo il sogno di qualche solitario “agitatore sociale”, o lo specchietto delle allodole della “sinistra radicale” in cerca di voti.
Diversamente, senza questo agire “il più possibile vicino alla realtà”, senza un pensiero critico (e quindi anche della differenza nel senso che danno le femministe a questo concetto), senza il concreto sviluppo di relazioni di solidarietà e di reti di attività non esclusivamente mercantili, avverrà il peggio.
Non è facile, ma non si parte neppure da zero. Anche se si sono avute solo notizie dal Chiapas e dal Venezuala, se dei Forum Mondiali è solo giunta l'eco, se i nostri annunci (di noi militanti di qualcosa) abbiamo potuto gridarli con qualche speranza di essere intesi solo da Napoli, Genova e Firenze, e poi ancora da tutti i territori legati da patti di mutuo soccorso contro il neoliberismo del mercato e della guerra, e poi ancora nel corso di piccole azioni in difesa dei diritti, dei beni comuni, dell'altro mercato e dell'altro consumo ..........anche ad Asti abbiamo raccolto le ragioni della “resistenza” dalla teoria e dalla pratica del “movimento dei movimenti”.
Si tratta di valorizzare tutto questo, farlo diventare per ognuno di noi “la cosa giusta da fare”.
Quindi non si vuole fare un partito, almeno non adesso.
Non si si vogliono frequentare le istituzioni ? Non si possono frequentare le istituzioni assumendosi responsabilità di governo, se lo scenario sociale è quello descritto. Dunque, qualunque forma assuma una eventuale partecipazione alle elezioni, la scelta di lungo periodo non può che essere quella della “opposizione”. Le istituzioni sono il terreno privilegiato della politica del nulla. La vicenda della spazzatura è da questo punto di vista esemplare. In città e regione governate dal “centrosinistra” questo esito è stato accompagnato da leggi e decreti che hanno rappresentato una svolta esclusivamente lessicale, vale a dire le parole che sono passate accanto ai fatti senza riconoscerli (è una straordinaria immagine di surrealtà); non è mai successo così e accade sempre più spesso. L'intervento “risolutore” ultimo è ancora peggio: esercito e polizia per rispondere ad un problema politico/sociale.
Ma anche la vicenda della TissenKrupp è esemplare, sia del fallimento della politica, sia di una incontrastata egemonia della cultura neoliberista. Il presidente della giunta regionale ha chiesto alla Confindustria torinese di espellere dall'associazione le aziende che non rispettano le leggi sulla sicurezza. La richiesta è stata respinta con fastidio da tutte le associazioni padronali “Non è compito della Confindustria fare giustizia”pare abbiano detto, una frase che negli anni 70 non sarebbe neppure stata concepita adesso fa parte del senso comune!
E pensare che l'41 della Costituzione recita : l'iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali (in questo caso sono i fatti che passano vicino alle parole senza riconoscerle).
E i rapporti con RC ? I compagni/e che vengono da quella storia la considerano ovviamente una storia in via di estinzione.
E i rapporti con i più convinti sostenitori della cosa rossoarcobaleno qui ad Asti ? Qui ad Asti, come è noto, c'è una vicenda collettiva particolare, per relazioni e contenuti politici, il cui esito attuale (la Casa del Popolo e le attività che vi si svolgono) è giudicato da alcuni di noi l'evento politico più interessante di questi ultimi anni. E' un giudizio su cui si può convenire a condizione di mettere un freno a tutte le domande che invece urgono, inevitabilmente, trattandosi di vicende “nostre” (condivise, con tutto il seguito di sentimenti, amicizie e rapporti più o meno ruvidi).
Rimozione impossibile. Perché non considerare alla stessa stregua, almeno con il senno di poi, l'esperienza fatta da RC attorno alla campagna elettorale del 2002 ? Nella vicenda di cui si parla quell'esperienza è stata tramandata come una pratica di settarismo, assolutamente negativa, soprattutto dal punto di vista elettorale. Invece è stato un momento interessante di aggregazione, che chiedeva di essere valorizzato in una strategia non soltanto elettorale e che rappresentava bene in quel momento la linea politica del partito. Poi le cose sono andate diversamente. Ma altri eventi di quella vicenda potrebbero essere presi in considerazione. Le modalità e i contenuti politici della scissione, per esempio. Per brevità tralasciamo, ma la nostra predilezione per i tempi lunghi, le storie, i processi (non quelli giudiziari), ecc è, in questo ordine del discorso, una necessità. Non vogliamo fare scelte alla leggera. L'esperienza di governo è tutta dentro quella vicenda e da quella ci divide. La sinistra sarà sociale o non sarà, diciamo dalla nostra parte. Dall'altra si dice che la sinistra sarà di governo o non sarà.
Quali saranno dunque i rapporti tra l'Associazione e il partito rossoarcobaleno che va formandosi ? Non c'è assolutamente nulla di scontato, niente in questo momento può stare dentro uno schema precostituito, certo non si pensa ad una divisione dei compiti e poiché non pensiamo di avere la verità in tasca ma solo dei solidi argomenti e soprattutto delle azioni da spendere, vale a dire un orientamento dal quale non ci separiamo facilmente, ci auguriamo che i rapporti siano all'altezza delle questioni che poniamo, null'altro.
ASTI 09/01/08
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