martedì 29 gennaio 2008
PER UNA LISTA ANTICAPITALISTA A SINISTRA DELL'ARCOBALENO
Per una lista anticapitalista a sinistra dell'Arcobaleno
Salvatore Cannavò. Franco Turigliatto *
La caduta del governo Prodi delinea il disastro di un'ipotesi politica debole e mal congegnata. In soli diciotto mesi il centrosinistra, la mitica Unione che doveva cambiare «davvero» l'Italia, ha inanellato un fallimento dopo l'altro lasciando dietro di sé macerie ingombranti. Un disastro materiale, fatto di impoverimento reale dei lavoratori e lavoratrici, di ulteriore precarizzazione del lavoro - ad esempio con la detassazione degli straordinari - di arricchimento delle imprese foraggiate con aiuti di stato inediti e massicci; ma anche un disastro politico che ha provocato disillusione, disincanto, perdita di fiducia, distacco dalla politica e dall'impegno attivo, demoralizzazione.
Prodi non è caduto semplicemente per una congiura mastelliana. Prodi cade anche perché isolato socialmente e in rotta con l'elettorato che, faticosamente e con grandi sacrifici, ne aveva consentito la vittoria innanzitutto per ostacolare le destre e l'odioso populismo berlusconiano. E' questo elemento ad aver generato la debolezza del governo, la sua fragilità e quindi la sua esposizione alle manovre di Mastella.
In questo disastro spicca il fallimento della sinistra di governo. La linea governista e l'ipotesi di alleanza con la «borghesia buona» ha fatto arretrare i diritti del lavoro, ha favorito le imprese e le banche e permette oggi un ritorno massiccio delle destre. Alla disfatta politica rappresentata dalle spedizioni all'estero, dall'aumento delle spese militari, dal cuneo fiscale, dal pacchetto Welfare, dal tradimento delle aspettative di uguaglianza del movimento lgbtq, dal decreto sicurezza, dalle liberalizzazioni di Bersani, dalla costruzione della base di Vicenza, dalle promozioni di De Gennaro, si aggiunge una disfatta sociale perché il più delle volte gli insuccessi sono stati esibiti come piccole vittorie, ipotetiche riduzioni del danno. Basterebbe vedere oggi lo sbandamento della sinistra e lo spaesamento degli stessi lavoratori e lavoratrici per rendersi conto di quanto grande sia stato invece il danno procurato.
Il fallimento della sinistra è senza appello e solo un grande processo di ripensamento generale e di rinnovamento radicale a tutti i livelli - a partire dai gruppi dirigenti - potrebbe permettere una nuova ipotesi di lavoro. Oggi è invece necessario ribadire il discrimine tra una sinistra votata al «compromesso preventivo» e una sinistra anticapitalista, di classe, indisponibile al governo con il Pd, in sintonia con i movimenti sociali.
Questo non vuol dire che nell'immediato non ci sia bisogno di una forte unità sociale su piattaforme nette e su proposte radicali - dal rifiuto della guerra alla «moratoria» contro l'attacco alle donne, dalla lotta per il salario ai diritti civili - su una linea di «resistenza sociale» che faccia argine al prevedibile attacco delle destre, di Confindustria o del Vaticano. Sapendo che non ci possono essere ambiguità o esitazioni sulle piattaforme: non si può essere contro la guerra e sostenere l'intervento in Libano o in Afghanistan; non si può essere contro la precarietà e votare il pacchetto Welfare; non si può essere per la laicità e l'autodeterminazione delle donne e scomunicare chi contesta il papa.
Questa impostazione non fa venire meno, però, la necessità di ricostruire la sinistra su una piattaforma anticapitalista e di classe.
Non crediamo che la lista Arcobaleno rappresenti questa possibilità: il bilancio della sua attività di governo, le linee strategiche su cui si muove, i gruppi dirigenti che propone - come si vede nella formazione della lista e nella scelta del candidato-premier - dicono di una sinistra ancora incline alla deriva moderata che abbiamo visto all'opera in questi anni e contro la quale ci siamo battuti. Insomma, torna di attualità lo schema delle «due sinistre»: da una parte quella a vocazione governativa legata alla prospettiva dell'Arcobaleno, dall'altra quella anticapitalista, di classe, di opposizione che oggi risulta variamente collocata e articolata anche nelle sue strutture ma che ha già dato alcune prove di dialogo e di lavoro comune.
Per queste ragioni crediamo che a sinistra dell'Arcobaleno sia necessario dare vita a una lista della Sinistra anticapitalista su una piattaforma avanzata di lotta e di rivendicazioni generali: aumento reale del salario, ripubblicizzazione dei servizi sociali, lotta senza quartiere contro gli omicidi sul lavoro, un piano di «rifiuti zero», contrasto alle spedizioni militari, riduzione spese militari e riconversione industria bellica, difesa dei diritti delle donne, dei diritti civili contro ogni ingerenza vaticana, abolizione della legge 30 e della Bossi-Fini, drastica riduzione dei privilegi istituzionali.
Una lista con caratteristiche di unità, pluralità e di innovazione: rotazione degli eletti, tetto ferreo alle indennità percepite, presenza di soggetti diversi. Una lista indisponibile ad alleanze e coalizioni con il Partito democratico ma che sappia ridare fiato e prospettiva a un'alternativa di sistema. Vogliamo lavorare per questo obiettivo nei pochi giorni che restano prima delle scadenze elettorali senza preclusioni o schematismi. Un'ampia unità di classe, su una piattaforma condivisa legata a una pratica di movimento comune è condizione non tanto di successi elettorali o di ambizioni istituzionaliste ma può contribuire a dare una risposta alla crisi e a porre le basi della ricostruzione della sinistra alternativa e di classe.
* Sinistra critica
Salvatore Cannavò. Franco Turigliatto *
La caduta del governo Prodi delinea il disastro di un'ipotesi politica debole e mal congegnata. In soli diciotto mesi il centrosinistra, la mitica Unione che doveva cambiare «davvero» l'Italia, ha inanellato un fallimento dopo l'altro lasciando dietro di sé macerie ingombranti. Un disastro materiale, fatto di impoverimento reale dei lavoratori e lavoratrici, di ulteriore precarizzazione del lavoro - ad esempio con la detassazione degli straordinari - di arricchimento delle imprese foraggiate con aiuti di stato inediti e massicci; ma anche un disastro politico che ha provocato disillusione, disincanto, perdita di fiducia, distacco dalla politica e dall'impegno attivo, demoralizzazione.
Prodi non è caduto semplicemente per una congiura mastelliana. Prodi cade anche perché isolato socialmente e in rotta con l'elettorato che, faticosamente e con grandi sacrifici, ne aveva consentito la vittoria innanzitutto per ostacolare le destre e l'odioso populismo berlusconiano. E' questo elemento ad aver generato la debolezza del governo, la sua fragilità e quindi la sua esposizione alle manovre di Mastella.
In questo disastro spicca il fallimento della sinistra di governo. La linea governista e l'ipotesi di alleanza con la «borghesia buona» ha fatto arretrare i diritti del lavoro, ha favorito le imprese e le banche e permette oggi un ritorno massiccio delle destre. Alla disfatta politica rappresentata dalle spedizioni all'estero, dall'aumento delle spese militari, dal cuneo fiscale, dal pacchetto Welfare, dal tradimento delle aspettative di uguaglianza del movimento lgbtq, dal decreto sicurezza, dalle liberalizzazioni di Bersani, dalla costruzione della base di Vicenza, dalle promozioni di De Gennaro, si aggiunge una disfatta sociale perché il più delle volte gli insuccessi sono stati esibiti come piccole vittorie, ipotetiche riduzioni del danno. Basterebbe vedere oggi lo sbandamento della sinistra e lo spaesamento degli stessi lavoratori e lavoratrici per rendersi conto di quanto grande sia stato invece il danno procurato.
Il fallimento della sinistra è senza appello e solo un grande processo di ripensamento generale e di rinnovamento radicale a tutti i livelli - a partire dai gruppi dirigenti - potrebbe permettere una nuova ipotesi di lavoro. Oggi è invece necessario ribadire il discrimine tra una sinistra votata al «compromesso preventivo» e una sinistra anticapitalista, di classe, indisponibile al governo con il Pd, in sintonia con i movimenti sociali.
Questo non vuol dire che nell'immediato non ci sia bisogno di una forte unità sociale su piattaforme nette e su proposte radicali - dal rifiuto della guerra alla «moratoria» contro l'attacco alle donne, dalla lotta per il salario ai diritti civili - su una linea di «resistenza sociale» che faccia argine al prevedibile attacco delle destre, di Confindustria o del Vaticano. Sapendo che non ci possono essere ambiguità o esitazioni sulle piattaforme: non si può essere contro la guerra e sostenere l'intervento in Libano o in Afghanistan; non si può essere contro la precarietà e votare il pacchetto Welfare; non si può essere per la laicità e l'autodeterminazione delle donne e scomunicare chi contesta il papa.
Questa impostazione non fa venire meno, però, la necessità di ricostruire la sinistra su una piattaforma anticapitalista e di classe.
Non crediamo che la lista Arcobaleno rappresenti questa possibilità: il bilancio della sua attività di governo, le linee strategiche su cui si muove, i gruppi dirigenti che propone - come si vede nella formazione della lista e nella scelta del candidato-premier - dicono di una sinistra ancora incline alla deriva moderata che abbiamo visto all'opera in questi anni e contro la quale ci siamo battuti. Insomma, torna di attualità lo schema delle «due sinistre»: da una parte quella a vocazione governativa legata alla prospettiva dell'Arcobaleno, dall'altra quella anticapitalista, di classe, di opposizione che oggi risulta variamente collocata e articolata anche nelle sue strutture ma che ha già dato alcune prove di dialogo e di lavoro comune.
Per queste ragioni crediamo che a sinistra dell'Arcobaleno sia necessario dare vita a una lista della Sinistra anticapitalista su una piattaforma avanzata di lotta e di rivendicazioni generali: aumento reale del salario, ripubblicizzazione dei servizi sociali, lotta senza quartiere contro gli omicidi sul lavoro, un piano di «rifiuti zero», contrasto alle spedizioni militari, riduzione spese militari e riconversione industria bellica, difesa dei diritti delle donne, dei diritti civili contro ogni ingerenza vaticana, abolizione della legge 30 e della Bossi-Fini, drastica riduzione dei privilegi istituzionali.
Una lista con caratteristiche di unità, pluralità e di innovazione: rotazione degli eletti, tetto ferreo alle indennità percepite, presenza di soggetti diversi. Una lista indisponibile ad alleanze e coalizioni con il Partito democratico ma che sappia ridare fiato e prospettiva a un'alternativa di sistema. Vogliamo lavorare per questo obiettivo nei pochi giorni che restano prima delle scadenze elettorali senza preclusioni o schematismi. Un'ampia unità di classe, su una piattaforma condivisa legata a una pratica di movimento comune è condizione non tanto di successi elettorali o di ambizioni istituzionaliste ma può contribuire a dare una risposta alla crisi e a porre le basi della ricostruzione della sinistra alternativa e di classe.
* Sinistra critica
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