sabato 25 ottobre 2008

Il padrone che morde il cane


La Nuova Provincia è un giornale che ci ha sovente ospitati, sia come singoli che come associazione, dando spazio a punti di vista alternativi a quelli che normalmente si incontrano sui mezzi d’informazione.

E per questo che proviamo un profondo rammarico nel riscontrare, che anche su questo giornale, o almeno in alcune delle persone che lo scrivono, il razzismo strisciante, ormai sempre più diffuso, ha fatto breccia.

Nella fattispecie ci riferiamo all’articolo di cronaca pubblicato venerdì 17 ottobre in cui si riporta la notizia di un furto avvenuto nell’abitazione di un uomo di origine rumena. Poiché l’autore del furto era un italiano e la vittima era appunto rumena, lo sconosciuto giornalista (l’articolo non è firmato) non ha trovato niente di meglio che commentare il fatto con il famoso detto del “Padrone che morde il cane”. Evidentemente nello schema mentale di suddetto giornalista è apparso talmente ovvio che in un caso di furto il colpevole fosse il rumeno e la vittima l’italiano che al verificarsi del contrario l’avvenimento fosse così paradossale da meritare la citazione di tale metafora.

Benché a prima vista tale caso possa apparire ben poca cosa nei confronti di altri recenti casi di cronaca, come ad esempio quello del ragazzino marocchino picchiato nell’indifferenza generale, al contrario noi lo riteniamo un grave segnale, che indica quanto la propaganda razzista degli ultimi anni sia stata interiorizzata, tanto da trasformare dei luoghi comuni in verità oggettive. Un consiglio che ci sentiamo di dare allo sconosciuto giornalista e di andarsi a leggere l’ ottimo libro di GianAntonio Stella “L’orda, quando gli albanesi eravamo noi” , specialmente nella parte in cui si tratta la vergognosa pubblicistica con cui i nostri connazionali emigrati venivano attaccati e l’effetto nefasto che questa aveva sugli animi della popolazione autoctone nel fomentare l’odio e l’aggressione. Magari tale lettura potrà renderlo consapevole di quanto danno possa fare la parola scritta e quanto il mestiere di giornalista sia gravido di responsabilità.

Nessun commento: