Abbiamo
dichiarato di esserci
Asti,
Circolo della WayAssauto,
1 maggio 2008
La data e il luogo sono ovviamente simbolici. Di una classe operaia, che oggi si festeggia, mai così privata di diritti e di voce pubblica, di un lavoro mai così negletto, mai così ridotto a variabile del capitale. Il quale invece trionfa nei suoi riti mercantili, vedi la fiera qui vicina, ma soprattutto nella sua prerogativa di distruggere legami sociali, e qui ne abbiamo un esempio, con una vertenza che ha all'orizzonte la chiusura della fabbrica e la perdita di lavoro e di salario di più di duecento lavoratori. Il luogo, che possiamo immaginare come luogo di confine di due tempi della storia della città, il primo, ricordato e celebrato il giorno del 25 aprile, in una fabbrica , dove una comunità di lavoratori che è stata soggetto politico e sindacale attivissimo dal 1943 fino agli ultimi anni settanta, dagli scioperi antifascisti, alle mobilitazione per i diritti e le riforme, il secondo, che è quello che stiamo vivendo, in cui quel protagonismo civile è ormai annegato in una società attraversata dalle disuguaglianze e da disgreganti pratiche mercantili, la precarietà della vita che si è diffusa in modo organico.
Per quanto ci riguarda, intanto dichiariamo di esserci, come collettivo di compagni e compagne, che intendono dare il loro contributo alla rinascita di una sinistra che abbia ritrovato le sue vere ragioni sociali e allo sviluppo di un movimento contro il neoliberismo e la guerra che già è presente nella società e al quale ispiriamo il nostro modo di agire la politica. I riferimenti sono le persone i collettivi e le comunità, come quelle della Valle Susa o di Vicenza, giusto per ricordare le situazioni più note, che in modo concreto e
in assoluta vicinanza della loro realtà sociale, e in forme di democrazia partecipata o dal basso, contrastano tutto ciò che appare una violazione del loro territorio, della loro sovranità e soprattutto dei loro legami sociali.
In questo senso ci preme cancellare un sospetto, che qualche volta ci torna come una certezza, circa il nostro essere o non essere un partito o di accingerci a diventarlo o a comportarci come tale. Non siamo un partito, siamo un movimento politico, una associazione che conferma i suo carattere di movimento. Ci rendiamo conto, che la scelta di presentare nostre liste elettorali, smentisce queste nostre affermazioni e contiene molte ambiguità non sciolte, che sono anche le inevitabili ambiguità di un dibatto al nostro interno che ha visto il collettivo di Asti pronunciarsi all'unanimità contro la presentazione. La presenza delle nostre liste ha avuto il solo scopo
di farci conoscere presso l'opinione pubblica più larga e al momento non abbiamo ragione di dubitare di noi stessi circa il nostro essere una associazione e non un movimento politico.
Questa nostra condizione ci permette di esprimerci in tutta libertà e di rivolgerci senza pregiudizi o strumentalismo di sorta a ciò che resta della sinistra politica in città almeno alla sua parte che alla fine non si è riconosciuta o si è riconosciuta a fatica nelle scelte e nei comportamenti dei gruppi dirigenti dei rispettivi partiti. A quella parte della sinistra a cui non sfuggono i termini generali della crisi della politica e dunque della sinistra, al di là del ruolo dei gruppi dirigenti dei partiti. Vale a dire, per sommi capi, il prevalere nel senso comune di una cultura dell'individualismo proprietario, protagonista di sé, cinico e opportunista quanto basta per prevalere sul proprio simile e sull'ambiente circostante; un disporsi del processo di lavoro in cui i lavoratori sono manipolabili quanto si vuole secondo le potenze del capitale, il prevalere delle astrazioni di questo processo sulla vita reale delle persone. L'invito è quello di cominciare a discutere i contenuti di una possibile piattaforma per l'opposizione sociale e politica al neoliberismo, obiettivi e forme di lotta, con quale cultura ci si rivolge ai nostri presunti referenti sociali.
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