domenica 23 settembre 2007
SEMINARIO
Sinistra Critica, Seminario di Bellaria, 20-23 settembre 2007
Ho partecipato, con Michele, entrambi ovviamente a nostre spese, al seminario e credo, per ovvie ragioni (sono membro della segreteria), di dover comunicare ai compagni/e le mie impressioni. Sono quelle che seguono, personalissime.
Trecento circa compagni/e in prevalenza giovani che frequentano un seminario di 4 giorni, in particolare e non a caso il gruppo di lavoro “crisi della politica e crisi della sinistra” (tutti gli altri su questioni storiche e di attualità non scontate), con grande interesse e partecipazione, sono stati una sorpresa, e insieme un rammarico, un ulteriore passaggio della dissoluzione delle illusioni di Rimini (il congresso con al centro il “movimento dei movimenti”) e del venir meno di un progetto che aveva raccolto attorno a Rifondazione molti dei soggetti sociali antagonisti più attivi in quel momento.
Sarebbe ingeneroso non comprendere in questa crisi anche i comportamenti e le scelte politiche della maggioranza del gruppo dirigente del Partito, ma mettendo tutti di fronte agli esiti politici e sociali recenti e meno recenti delle pratiche neoliberiste, di fronte alle dominanze che si sono manifestate attorno alle questioni della guerra e del lavoro, le responsabilità di questo gruppo dirigente mi sembrano ancora maggiori, soprattutto la scelta governista ultima e le mosse che lo stesso gruppo dirigente di Rifondazione annuncia ed esegue al seguito di quella, senza nessuna verifica collettiva, senza nessun momento in cui l'oscuro militante possa dire, senza il timore di non essere ascoltato, “un momento compagni e compagne, fermiamoci e cerchiamo di capire cosa sta succedendo”.
La stragrande maggioranza dei compagni/e presenti a Bellaria, insieme allo stesso progetto associativo di “Sinistra Critica”, si muovono ormai al di fuori del Partito considerandolo uno strumento non più utile per favorire l'emergere di conflitti sociali e di soggettività antagoniste di questa apparentemente inarrestabile egemonia neoliberista, nel campo della cultura, della politica, della economia e dunque nel campo ampio delle relazioni sociali e della formazione delle soggettività.
Si tratta dell'ennesimo abbandono, più pesante di quelli precedenti, perché coinvolge compagni/e tra i più critici e dialoganti, quelli più lontani dalle nostalgie terzinternazionaliste, dalle suggestioni delle modernità Veltroniane e del neonato partito democratico, dagli istinti di sopravvivenza di un ceto politico estenuato e autoreferenziale.
Sono i militanti della passione e della speranza che se ne vanno, alcuni forse se ne andranno a casa, sono l'anima di qualunque organizzazione che si propone di superare lo stato di cose presente in compagnia dei “moderni” proletari, quelli che stanno sotto, quelli che non sono soddisfatti, quelli che sono alle prese con semplici e dunque drammatici problemi di sopravvivenza, quelli che sopravvivono all'ingiustizia e allo sfruttamento e non lo sanno, quelli che ancora non si raccontano.
Chi scrive non intende allontanarsi da questo profilo, qualcuno dirà “fin troppo lusinghiero”, non intende “organizzare una scissione”; qualunque forma prenderà il suo impegno politico resterà dialogante, deciderà partendo da sé, dalla sua visione delle cose.
Ad Asti c'è forse ancora lo spazio di una discussione vera, la possibilità di delucidare fuori da ogni strumentalismo, alcune questioni di cui il gruppo dirigente del partito parla attraverso i media o in riservati conciliabili, questioni che vengono impacchettate da questo o quello o ridotte all'osso di un realismo da strateghi da 4 soldi. Le questioni sono:
1.un bilancio della esperienza di governo, soprattutto in relazione all'agire di una qualunque soggettività che si proponga di contrastare il neoliberismo dilagante (brutalmente, adesso che si fa per/con il kollettivo Dal Molin di Vicenza, sapendo che arriveranno le ruspe);
2.se il protocollo del 23 luglio non è emendabile nella sua ispirazione e forza materiale di fondo, come organizzare il NO al referendum;
3.come partecipare alla manifestazione del 10 ottobre e soprattutto che scelta fare rispetto allo sciopero generale già proclamato dai sindacati non concertativi per il 9 di novembre;
4.che cosa significa rispondere ai problemi di una soggettività politica in agonia proponendo la “cosa rossa” oppure c'è qualcosa d'altro da proporre. Dovendo pensare ad una soggettività plurale, possiamo parlarne adesso ?
Saluti comunisti e altermondisti
Carlo Sottile
Ho partecipato, con Michele, entrambi ovviamente a nostre spese, al seminario e credo, per ovvie ragioni (sono membro della segreteria), di dover comunicare ai compagni/e le mie impressioni. Sono quelle che seguono, personalissime.
Trecento circa compagni/e in prevalenza giovani che frequentano un seminario di 4 giorni, in particolare e non a caso il gruppo di lavoro “crisi della politica e crisi della sinistra” (tutti gli altri su questioni storiche e di attualità non scontate), con grande interesse e partecipazione, sono stati una sorpresa, e insieme un rammarico, un ulteriore passaggio della dissoluzione delle illusioni di Rimini (il congresso con al centro il “movimento dei movimenti”) e del venir meno di un progetto che aveva raccolto attorno a Rifondazione molti dei soggetti sociali antagonisti più attivi in quel momento.
Sarebbe ingeneroso non comprendere in questa crisi anche i comportamenti e le scelte politiche della maggioranza del gruppo dirigente del Partito, ma mettendo tutti di fronte agli esiti politici e sociali recenti e meno recenti delle pratiche neoliberiste, di fronte alle dominanze che si sono manifestate attorno alle questioni della guerra e del lavoro, le responsabilità di questo gruppo dirigente mi sembrano ancora maggiori, soprattutto la scelta governista ultima e le mosse che lo stesso gruppo dirigente di Rifondazione annuncia ed esegue al seguito di quella, senza nessuna verifica collettiva, senza nessun momento in cui l'oscuro militante possa dire, senza il timore di non essere ascoltato, “un momento compagni e compagne, fermiamoci e cerchiamo di capire cosa sta succedendo”.
La stragrande maggioranza dei compagni/e presenti a Bellaria, insieme allo stesso progetto associativo di “Sinistra Critica”, si muovono ormai al di fuori del Partito considerandolo uno strumento non più utile per favorire l'emergere di conflitti sociali e di soggettività antagoniste di questa apparentemente inarrestabile egemonia neoliberista, nel campo della cultura, della politica, della economia e dunque nel campo ampio delle relazioni sociali e della formazione delle soggettività.
Si tratta dell'ennesimo abbandono, più pesante di quelli precedenti, perché coinvolge compagni/e tra i più critici e dialoganti, quelli più lontani dalle nostalgie terzinternazionaliste, dalle suggestioni delle modernità Veltroniane e del neonato partito democratico, dagli istinti di sopravvivenza di un ceto politico estenuato e autoreferenziale.
Sono i militanti della passione e della speranza che se ne vanno, alcuni forse se ne andranno a casa, sono l'anima di qualunque organizzazione che si propone di superare lo stato di cose presente in compagnia dei “moderni” proletari, quelli che stanno sotto, quelli che non sono soddisfatti, quelli che sono alle prese con semplici e dunque drammatici problemi di sopravvivenza, quelli che sopravvivono all'ingiustizia e allo sfruttamento e non lo sanno, quelli che ancora non si raccontano.
Chi scrive non intende allontanarsi da questo profilo, qualcuno dirà “fin troppo lusinghiero”, non intende “organizzare una scissione”; qualunque forma prenderà il suo impegno politico resterà dialogante, deciderà partendo da sé, dalla sua visione delle cose.
Ad Asti c'è forse ancora lo spazio di una discussione vera, la possibilità di delucidare fuori da ogni strumentalismo, alcune questioni di cui il gruppo dirigente del partito parla attraverso i media o in riservati conciliabili, questioni che vengono impacchettate da questo o quello o ridotte all'osso di un realismo da strateghi da 4 soldi. Le questioni sono:
1.un bilancio della esperienza di governo, soprattutto in relazione all'agire di una qualunque soggettività che si proponga di contrastare il neoliberismo dilagante (brutalmente, adesso che si fa per/con il kollettivo Dal Molin di Vicenza, sapendo che arriveranno le ruspe);
2.se il protocollo del 23 luglio non è emendabile nella sua ispirazione e forza materiale di fondo, come organizzare il NO al referendum;
3.come partecipare alla manifestazione del 10 ottobre e soprattutto che scelta fare rispetto allo sciopero generale già proclamato dai sindacati non concertativi per il 9 di novembre;
4.che cosa significa rispondere ai problemi di una soggettività politica in agonia proponendo la “cosa rossa” oppure c'è qualcosa d'altro da proporre. Dovendo pensare ad una soggettività plurale, possiamo parlarne adesso ?
Saluti comunisti e altermondisti
Carlo Sottile
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